Una vecchia cava nei pressi dell’Università, praticamente alle porte di Monteroni, nella quale è stata letteralmente incastonata una struttura su diversi livelli, con una bottaia appoggiata, naturalmente, sulla parete pietrosa, nella quale è stato ricavato, tra due file di vecchi tonneau, uno dei più suggestivi ristoranti del Salento.
Un’annotazione in calce al menu, che forse meriterebbe maggiore visibilità, consiglia – era ora che qualcuno lo facesse - di silenziare la suoneria dei telefoni cellulari; l’auspicio è che altri ristoratori seguano la scia, e, soprattutto, che i clienti si adeguino.
La cucina è stata affidata, non senza accorta lungimiranza, a un ragazzo formatosi, come secondo di Donato EPISCOPO, ai fornelli delle Quattro Spezierie dell’Hotel Risorgimento. Il giovane Alfredo propone una cucina tendenzialmente osservante della territorialità (campestre e marina), con qualche comprensibile personale divagazione.
Fra gli antipasti (tutti a 7 euro), polpo e cicoriette; lenticchie e cardoncelli; la tartare di manzo podolico con gelatina al negroamaro e aria di burrata affumicata; tra i primi (tra i 10 e i 12 euro), la tria con guanciale e carciofi; i tagliolini con rape capocollo e cacioricotta e lo spaghettone Benedetto Cavalieri con alici bottarga e pane fritto (per gourmet dai gusti decisi). Piatti forti (12/15 euro) la guancia di vitello con ceci e cicoriette (o con cardoncelli e cipolla fondente), il calamaro ripieno con pomodori secchi, insalata di farro e verdure e la tagliata di seppia su crema di piselli e carote di Polignano. A chiudere una zuppetta di fragole con gelato di mandorle o la mousse al cioccolato fondente.
Il servizio, di altissimo profilo, è curato da Sabrina, alle cui competentissime cure è affidata la cantina, dalla quale è possibile pescare bottiglie frutto di scelte ponderate e sorprendenti.
Insomma, una sosta assolutamente consigliabile con un rapporto economico (il che, di questi tempi, non guasta) difficile da eguagliare.
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A cura di Francesco Zompi