Tratto dalla rivista "TSUBAB NO OHKOKU" - Rivista Giapponese di Ecologia - 16.07.2015
La bellezza, salverà il mondo? Sono parole che Fedor Dostoevskij fa pronunciare al principe Myskin, il protagonista del suo capolavoro letterario, “L’Idiota”. Nel romanzo, questa frase assume un valore fortemente mistico se non fosse che, invece, nella nostra specifica realtà quotidiana, come qualcuno sostiene, dovremmo cominciare a pensare che <la bellezza non salverà il mondo se noi non sapremo salvare la bellezza>.
Detto così, potrebbe sembrare una sfida di tipo estetico - filosofico, una specie di gioco di parole. In verità, l’attenzione verso la bellezza, nei confronti della sua difesa e del suo sviluppo, contiene numerose implicazioni con l’attualità, l’economia, l’ecologia, il territorio urbano come quello agricolo. Ed è proprio dal mondo agricolo che vorrei trarre spunto per raccontare, a proposito di bellezza, di uno dei primi casi italiani di agricoltura pensata, progettata e disegnata come “giardino”. Tutto si svolge nella mia regione preferita, la Puglia, con protagonisti: Giuseppe Montanaro, un imprenditore eclettico e lungimirante, la sua famiglia e Fernando Caruncho, uno dei paesaggisti più affermati al mondo. Lo scenario è un territorio ad alta vocazione agricola e il Progetto, quello voluto da Montanaro, ha come visione e obiettivo quello di restituire eccellenza, tramite anche l’innovazione, ad alcuni prodotti agricoli che si coltivano in Puglia. Un concetto questo, che è divenuto in quasi dieci anni realtà e che da realtà si è trasformato presto in concetto, in esempio virtuoso di quanto sia possibile fare quando si hanno buone idee e solidi capitali.
Ha un nome questo visionario e strategico “giardino”, Amastuola, composto da 60.000 piante di agrumi, 80.000 piante di uve da tavola senza semi e 100 ettari di uve da vino autoctone. La masseria è autentica e in fase di accurato recupero, così come è lodevole e scenograficamente molto bello il recupero e il riutilizzo effettuato di 1500 ulivi secolari, alcuni dei quali sono stati datati di oltre 800 anni.
Il vigneto è incantevole ed unico, con i filari disposti come onde accentuate e parallele che si prolungano e oscillano per tre chilometri, intervallate da “isole” d’ulivi dalle forme affascinanti.
Amastuola è dunque un presidio di biodiversità, un laboratorio agroecologico, un’oasi storico culturale, un Progetto di Design del territorio in cui si producono vini di qualità con procedure biologiche e scelte sostenibili.
Tra i vini qui realizzati, da segnalare, un ottimo Primitivo Centosassi, affinato per 12 mesi in botte di rovere, dal colore rosso rubino profondo. I profumi sono quelli dei frutti neri maturi, con particolari aromi marini. Al palato è succoso, sapido e importante, molto lungo nel finale. Anche in questo caso, i miei lettori lo sanno, consiglio di berlo “fresco”, a non più di 14-15 °C.
A cura di Giacomo MOJOLI