Noi pugliesi abbiamo un primato, che spesso ci contendiamo solo con i giapponesi, per la quantità di pesce crudo che consumiamo, di cui la gran parte sono frutti di mare. Ogni stagione ha il suo prodotto di riferimento ed i cambiamenti climatici spesso possono determinare anche lo slittamento della comparsa di un determinato prodotto anche di mesi. Ma l’idea ci consumarli “solo nei mesi con la “R” come spesso si sente dire, è vera o falsa? Bene ! la frase pare abbia avuto origine quando i frigoriferi non esistevano ancora, al fine di imporre il consumo di questi frutti solo nei mesi invernali ed evitare spiacevoli mal di pancia per prodotti deteriorati dal caldo. E’ vero però che per alcuni frutti di mare il detto rimane molto azzeccato: i ricci ad esempio sono vuoti d’estate e pieni il resto dell’anno in particolare da febbraio ad aprile, proprio quando questi echinodermi (dal latino con pelle spinosa), ingrassano per prepararsi alla riproduzione. In altri casi non è cosi, le cozze pugliesi infatti, le tarantine veraci, iniziano a comparire sui mercati sotto forma di “semenza”, termine con il quale si indica il novellame di cozza, a maggio per avere il massimo della qualità proprio durante l’estate. Ma i frutti di mare per cui la Puglia è conosciuta il tutta Italia sono molti: le cozze pelose di Manfredonia, ottime d’inverno e le noci o tartufi di mare di Barletta, buoni tutto l’anno. I “grattapuetoli” o ostriche imperiali di Brindisi che poi in realtà non sono ostriche ma spondylus, rari e pregiati bivalvi a metà tra canestrello e limone di mare, pescati a 70 mt di profondità. Non meno famosi i cannolicchi di Mattinata, le vongole veraci di Brindisi, vongole autoctone riconoscibili dai sifoni separati che invece sono accoppiati a canna di fucile nelle vongole allevate. Un frutto di mare affascinante per il suo nome è invece il piede di capra, che noi baresi chiamiamo “muscio” e che ha un nome scientifico “Arca Noe” per la forma di barca del suo guscio che riporta alla cristianità ma che riecheggia del sapore del naufragio nei suo sentori sapidi, amari, fortemente aromatici e muschiati. E’probabile che l’etimologia del nome dialettale, esattamente come accade per il polpo moscardino (dal latino eledone moscata e cioè muschiata) derivi proprio dai suoi sentori di bosco. Ma tra i frutti di mare tipici della nostra regione non ci si può dimenticare il più difficile e aromatico dei cibi marini, forse e il più afrodisiaco come racconta qualcuno, e se è vero che esistono cibi tali. E’ chiamato anche uovo di mare, ma i francesi lo chiamano limone di mare ed il suo forte gusto di acido fenico lo rende il vero tartufo del mare, straordinario per chi è abituato a consumarlo, una prova da trasmissione televisiva “orrori da gustare” per chi per la prima volta ne sente il profumo. Spesso quando si parla di frutti di mare la mente immagina rischi per la salute, cosa che è possibile, anche se per fortuna di rado, ma che vale anche per verdure e altri alimenti,ma solo se il prodotto è stato contaminato o arriva da zone non controllate. A tal proposito mi permetto di dare qualche consiglio pratico: acquistate prodotto solo provvisto di etichetta di avvenuta depurazione ed evitate di contaminare il prodotto, come da abitudine pugliese, con acqua di mare di dubbia provenienza. Se proprio volete usare acqua di mare cercate quella confezionata da qualche anno disponibile sul mercato. Per consumare frutti di mare crudi bisogna essere abituati a farlo, consumarli spesso infatticrea una sorta di predisposizione nel nostro organismo, meglio quindi, se non siete abituati a consumarli, che iniziate a piccole dosi, due dozzine di ostriche infatti potrebbero dare ad un astemio l’effetto di una bottiglia di champagne.