C'ERA UNA VOLTA IL GARGANO INNEVATO

C’era una volta il Gargano innevato, quando gli inverni lunghi e rigidi dei secoli scorsi portavano puntualmente nevicate frequenti e consistenti. Ormai il Gargano innevato è sempre più raro. Siamo passati da una media di quattro nevicate all’anno, che lasciavano dai 50 ai 150 cm di neve che persisteva al suolo per circa tre giorni, a una nevicata all’anno (quando arriva) che non lascia più di 10 cm al suolo e che si dissolve nel giro di un giorno.
A riprova dei mutamenti climatici in atto, la neve, che sparisce sul Gargano, fa la sua paradossale apparizione in riva la mare, come è stato a gennaio 2017 per Manfredonia. O addirittura su alcune cime del deserto del Sahara, dove è caduta qualche giorno fa a distanza di 39 anni dall’ultima volta. È successo a Ain Sefra, cittadina dell'Algeria situata a 1000 metri di altitudine, dove il deserto più famoso del mondo incontra la catena montuosa dell'Atlante. Una spolverata degna di cronaca.
Ormai sono per lo più spolverate anche le precipitazioni a carattere nevoso che interessano il Gargano. Fatta qualche eccezione, negli ultimi anni a restare imbiancata spesso è solo la cima di Monte Calvo (vedi foto) che supera di poco i 1000 metri sul livello del mare.

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Veramente un’inezia rispetto a un passato che faceva del Gargano il centro dell’industria della neve di Capitanata fino a tutta la prima metà del 1900. Le abbondanti nevicate e la mancanza di tecnologia spingevano l’uomo del tempo a conservare questa preziosa risorsa d’inverno per utilizzarla d’estate.
Protagonista indiscusso di questa originalissima old economy, estintasi con l’avvento dell’era moderna, era il nevaiolo. Con la sua squadra di stipaneve o rimettitori di neve, il nevaiolo saliva in quota dopo le nevicate per ammassare nelle “neviere”, apposite fosse ricavate nel terreno, il bianco e freddo prodotto del cielo invernale.
Le neviere potevano avere le forme e le dimensioni più varie, in base alla morfologia del terreno dove venivano ricavate e alle esigenze del navaiolo. Solitamente si trattava di pozzi a cielo aperto di qualche metro di diametro e di uguale profondità.
La tecnica con la quale la neve veniva riposta era semplice ed efficace. Si trattava di una disposizione a strati di circa 50 cm, intervallati da strati paglia, ottimo isolante naturale, che ne preservava purezza e consistenza. La stratificazione, oltre a una migliore conservazione del prodotto ne garantiva una più facile estrazione in estate. Sempre per esigenze conservative e per sfruttare al massimo la capacità della neviera, la neve veniva pressurizzata con il lavoro delle braccia dei rimettitori di neve. A questo scopo si utilizzava il “paraviso”, una tavola rettangolare, dal cui centro partiva un manico per l’impugnatura, che consentiva di ridurre la neve in veri e propri blocchi di ghiaccio.
A chiusura dei depositi il nevaiolo si curava di realizzare una copertura con tutte le caratteristiche di un tettuccio in grado di preservare ogni neviera dalle intemperie e da qualsiasi altro fattore esterno che potesse inquinare il preziosissimo prodotto conservato.
È facile intuire come la neve d’estate diventasse un prodotto tanto ricercato quanto costoso, soprattutto nei centri costieri che, a differenza dei paesi del promontorio, non potevano godere di neviere proprie.
Le principali neviere sul Gargano stazionavano in agro di San Marco in Lamis (Fajarama), a San Giovanni Rotondo (tra Montenero e Monte Calvo), a Monte Sant’Angelo (nei pressi del Castello).
I pescatori acquistavano il prodotto dai “montanari” per preservare il più a lungo possibile il proprio pescato. Ma gli utilizzi della neve erano molteplici. Alimentari, innanzitutto. Oltre che per la preparazione di gelati e sorbetti (di cui ho scritto qui), la neve veniva utilizzata per rinfrescare cibi e bevande. Un largo impiego se ne faceva anche in medicina per rimediare i postumi delle contusioni o per lenire i dolori più disparati attraverso borse di ghiaccio. Insomma inverni freddi e nevosi garantivano refrigerio e salute durante l’estate. Oggi possiamo consolarci con freezer e condizionatori d’estate, ma per vedere la neve d’inverno dobbiamo rispolverare le foto del 1995 o i ricordi degli ultrasettantenni del terribile inverno del 1956, quando la neve era in grado di coprire con il suo spesso manto tutte le cose, fino a sommergere le auto parcheggiate ai bordi delle strade.

A cura di Toni Augello