OSTERIA ORIGANO delle CANTINE MENHIR

Via Giuseppina Scarciglia MINERVINO DI LECCE
Non è che ci siano molti motivi per una deviazione a Minervino; a parte, magari, una visita ai Dolmen “Li Scusi”, e, per gli amanti del buon cibo e del buon vino, all’Osteria Origano delle Cantine Menhir, attualmente, in questo momento di grandi movimenti di alcuni fra i migliori chef della provincia (Ippazio Turco pare abbia chiuso il suo Lemì e, terminata l’esperienza a Eataly, dovrebbe aprire da qualche altra parte; Antonio Raffaele ha appena inaugurato, a Villaconvento, il suo nuovo Folie; di Imma Pantaleo dovremmo avere notizie a breve), decisamente uno degli indirizzi più raccomandabili sotto tutti i profili.
Gaetano Marangelli, patron delle Cantine Menhir, si è inventato, là dove fino a qualche tempo fa facevano bella mostra di sé file di barriques, un ristorante destinato a bruciare le tappe e a sistemarsi ai vertici della (invero non particolarmente proficua di eccellenze) ristorazione salentina. Partito con profilo decisamente basso (qualche tagliere di formaggi e salumi, comunque di ottimo livello e una buona grigliata di carni), a un certo punto ha deciso, con felicissima intuizione, di scommettere su un ragazzo, Vito Gaballo, che ha appena compiuto i 27 anni ma che conta, nel suo palmarès, presenze in diversi stellati e pluristellati di tutta Italia: ad appena 14 anni era già a spadellare nella cucina della Strega di Palagianello, regno di Vito Netti, e da lì, ha proseguito il suo percorso formativo attraverso Matias a Livigno, Miramonti L’altro di Concesio, Trussardi alla Scala di  Andrea Berton per concludere, alla grande, a quella che, con ogni probabilità, è la migliore scuola di grandi chef esistente in Italia, e cioè al Reale di Niko Romito.
A distanza di un anno dal suo arrivo a Minervino, possiamo tranquillamente affermare, senza tema di smentite, che la scommessa è abbondantemente vinta.
Vito, a dispetto della giovane età, è già perfettamente padrone del ruolo ed affronta, con grande modestia unita ad altrettanta sapienza, qualunque tipologia di piatto, dal più tradizionale al più innovativo, dal pesce alla carne, passando sempre attraverso l’orto.
E così, seduti ai tavoli dell’Osteria, potrete spaziare tra una tartara di fassona con capperi, alici (del Cantabrico), carboncelli, pomodori secchi e yogurt con le mandorle e un risotto (vera e propria specialità di Vito, che ne ha appreso i segreti nel tempio del risotto che risponde al nome di Miramonti L’altro), che può essere con i “mugnuli” (rape) e le alici, o con i carciofi e il guanciale, o con lo zafferano e il caciocavallo; per continuare con i gnocchetti con le fave, bietole e gamberi viola, o con uno spaghettone con uova di spigola e lime (provare per credere) e per finire con delle “normalissime”, sublimi, braciolette di cavallo accompagnate semplicemente da una polentina morbida. I dessert (semifreddo di nocciola; tortino al cioccolato) sono di buon livello, ma non ancora all’altezza del resto.
In estate, si cena nel bellissimo giardino in fondo al quale è sistemato un invidiabile banco carne (dal manzo Kaserin all’Angus della Nuova Zelanda, dal Picanha Black Teys alla salsiccia di Chorizo), da cui scegliere direttamente e mettere in griglia. 
Si beve bene, ma la scelta è limitata ai vini delle Cantine Menhir; il prossimo passo, per “completare l’opera”, dovrà essere l’ampliamento della cantina ad altre etichette.
Il servizio, affidato ad Antonio Guarini, perfettamente coadiuvato da ragazzi, professionali ma non ingessati, è tra i migliori dell’intera regione.  Il menu degustazione (antipasto, primo, secondo, dessert e degustazione vini) è proposto a 40 euro; alla carta più o meno altrettanto, vini esclusi.

A cura di Francesco Zompi