Sconosciuta i più, adorata dai meno, Louise von Salomé nacque il 12 febbraio 1861 a San Pietroburgo, nello stesso giorno in cui i servi della gleba avevano ottenuto il primo passo verso l’emancipazione. Probabilmente un attento astrologo vi avrebbe trovato qualche assonanza planetaria, perché Louise, o meglio Lou, sarebbe stata una forza indomita della natura, nutrice di se medesima e della sua spassionata Libertà. Scompigliò mezza Europa. Era come il vento: non si poteva imbrigliare.
Ci fu il professor Friedrich Carl Andreas che ci provò, dopo essersi conficcato un pugnale in petto per convincerla a sposarla. E ci riuscì. Ma fu un matrimonio bianco, una convivenza piuttosto turbolenta che garantì pur tuttavia ad entrambi un posto sicuro nella tana, sia per lei, viaggiatrice instancabile, sia per lui, studioso orientalista ante litteram.
Lou abbe ai suoi piedi uomini del calibro di Nietzsche, Paul Ree, Rilke, Wedekind, Gillot e Pineles; conobbe la créme del Caffè Mitteleuropeo Viennese e si formò come appassionata scrittrice all’ombra di Ibsen e Tolstoj. Fu molto prolifica, soprattutto per riuscire a mantenere il suo dispendioso regime di viaggi. Amava viaggiare, conscia del potere metamorfico e taumaturgico che un viaggio possa avere su di una persona. Ogni viaggio era una pietra emancipatoria della sua caleidoscopica personalità.
Senza di lei, Nietzsche non avrebbe scritto Così parlò Zarathustra e Rilke Le Elegie Duinesi e il Libro d’Ore .
Negli anni della maturità sia compositiva che personale, divenne musa del prof. Sigmund Freud, il quale pare essere stato l’unico a convivere, senza cedere, al suo magnetico ed indissolubile fascino…potere della sublimazione! Non era una fèmme fatale, anzi: d’aspetto longilineo ed etereo, sempre costretta in panni severi – che ricordavano il mood della famiglia d’origine, padre generale dell’armata russa e madre definita “Generalska”, quarta di tre figli maschi – faceva scialo della ottima educazione ricevuta in casa e all’estero. Dotata di un acume e di una intelligenza rara, riusciva a tenere testa alle menti più brillanti di fine ‘800.
Fu la prima donna ad intendere e promuovere il concetto di libertà individuale come unico vero scopo della vita, perché solo attraverso un duro e raffinato lavoro di ricerca e modellamento di sé, si può arrivare ad essere liberi ed autentici. In realtà Lou fece soffrire un gran numero di persone, uomini soprattutto, dato che il suo strumento epistemologico prediletto erano…l’eros e l’abbandono!. Claudio Magris la ricorda così: “La vita morosa di Lou, che negli anni seguenti divenne di una intensità inesauribile, ha la forza selvaggia e pacata della natura, il piacere di una manciata di more e lo slancio mistico di una comunione poligamica col creato”. Mentre Uta Olivieri dirà: “Il mito di Salomé sta in questo: nell’essere stata nello stesso tempo dea e sgualdrina”.
Invece a me piace ricordarla e presentarvela attraverso le sue stesse parole:
“Lascia che tutto ti accada:
bellezza e terrore.
Osare tutto e non
Aver bisogno di niente”
“Quando non avrai altro da darmi
donami il tuo cuore"
(a Nietzsche)
In libreria è possibile, non senza difficoltà, reperire:
Lou Andreas Salomè Mia Sorella, mia sposa di Heinz F. Peters
con contributi di Claudio Magris e Roberto Fertonani, Ed. Odoya.
Ed anche:
Eros e Conoscenza Lettere 1912-1936, a cura di E. Pfeiffer, ed. Universale Boringhieri – corrispondenza epistolare con S. Freud.
A cura di Gessica MArengo