Il cibo degli Dei
Il sole picchia alto nel cielo ma non riesce a scaldare l'abitacolo dell’auto sulla quale stiamo viaggiando, non capirò mai l'abitudine, che hanno qui nei Caraibi, di tenere l'aria condizionata al massimo sia in auto che negli edifici chiusi, mi aspetto da un momento all'altro di vedere la brina formarsi sulle bocchette da tanto è fredda l'aria che esce. Lo sguardo si posa sulla fitta fila di piante che si staglia all'orizzonte e che indica che siamo vicini alla meta, se possibile un ulteriore brivido percorre la mia schiena, tra poco dovremo scendere dalla macchina e il termometro in dotazione segna che fuori da questa ghiacciaia viaggiante ci sono 39° C e l'effetto della differenza di temperatura sarà devastante. Per mia fortuna l'auto si ferma proprio davanti alla porta di una piccola casa bianca di mattoni e i pochi secondi che servono per entrare non hanno drammatiche conseguenze, all'interno l'aria condizionata ha ricreato lo stesso effetto frigorifero che c'era nel fuoristrada ultramoderno giapponese che ci ha portato fin qui.
Sul tavolo è già pronto il caffè, una caraffa d'acqua ghiacciata, alcuni dolcetti per permetterci di ristorarci e a cominciare a chiacchierare. Ramon, l'agronomo della fazenda ci accoglie sorridente e mentre sorseggiamo il caffè comincia a raccontarmi dell’estensione della piantagione, di quanto delicato sia e di tutte le particolarità della
Pianta del cacao
L'albero del cacao appartiene alla famiglia delle Sterculiacee e cresce in aree geografiche situate tra il 20° parallelo nord e sud dell'Equatore. Denominato scientificamente Theobroma cacao ("cibo degli dei" dal naturalista svedese Linneo) è un albero che può arrivare a 6-8 metri (solo in qualche raro caso si sviluppa fino a 15-20 metri); a 0,90-1,50 metri dal suolo emette 3-5 branche che ramificano formando una chioma molto fitta, del diametro di 6-8 metri.
Il frutto del cacao è una grossa drupa denominata "cabossa" (mazorca in spagnolo, pod in inglese, cabosse in francese), variabile in forma, dimensione e colore: lungo 10-32 centimetri, di forma ovoidale. Contiene una polpa mucillaginosa acidula, dentro la quale si trovano numerosi semi. I semi hanno un guscio brunastro duro e fragile e una mandorla costituita da un piccolo embrione e due grandi cotiledoni carnosi, di color violaceo.
I cotiledoni rappresentano circa l’80-90% del seme, mentre il guscio il 10-20%. Dalle sue parole si evince che il suo lavoro lo appassiona e lo coinvolge completamente, da vero agronomo botanico sembra voglia raccontarci la storia di ogni singola pianta e di come le abbia accudite sin dal loro impianto, per fortuna viene interrotto da una deliziosa fanciulla dai lunghi capelli corvini e dal corpo flessuoso che entra tenendo in mano una caraffa di Piña Colada, mitica bevanda ottenuta dalla miscelazione di rum bianco, latte di cocco e ananas fresco frullati con ghiaccio, che distoglie per un attimo l’attenzione dalle piante ma che scioglie ancor di più la lingua di Ramon che, dando sfoggio della sua conoscenza della storia del suo popolo, ci racconta che per gli Aztechi, l'origine del cacao risaliva a Quetzalcoatl divinizzato e adorato come il dio del cioccolato
1. LA STORIA
Ricorda infatti, che una leggenda narra di una bella principessa che nei tempi antichi fu lasciata a guardia delle ricchezze dello sposo, un grande e valoroso guerriero partito a difendere i confini dell'impero, un giorno venne assalita dai nemici che tentarono di costringerla a rivelare dove fosse nascosto il tesoro. Ella però rifiutò di parlare e allora per vendetta la uccisero. Dal suo sangue, nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi, amari come le sofferenze dell'amore, rossi come il suo sangue ma eccitanti e forti come la sua virtù.
Era il dono del dio Quetzalcoatl agli uomini per ricordare la fedeltà pagata con la morte, la stessa fedeltà che, nell'immenso impero azteco, legava i sudditi all'imperatore. Gli aztechi tostavano, a macinavano i semi di cacao e preparavano una pasta densa e nutriente che si scioglie in acqua, vi aggiungevano delle spezie e chiamavano questa bevanda "xoco-atl", acqua amara, credendo fosse portatrice di sapienza e saggezza. Il primo impatto con gli Europei avvenne probabilmente nel 1502 durante il quarto viaggio esplorativo di Cristoforo Colombo sulle coste dell'isola di Guanaja, al largo dell'Honduras, egli ricevette in dono dei chicchi di cacao, senza attribuirvi però particolare importanza.
Nel 1519 Hernando Cortez, il celebre Conquistador spagnolo, approda sulle coste del Messico: gli indigeni credono di vivere il ritorno di Quetzalcoatl, il dio dalla pelle bianca: gli offrono la loro "magica bevanda", ma l'invasore voleva solo oro e non mostrava alcun interesse per i costumi dei selvaggi finché non scopre il valore del cacao come moneta di scambio: si impossessa della piantagione reale di cacao che diventa così la banca dalla quale trarre sostanziali benefici scambiando le fave con l'oro. Dopo la conquista da parte degli spagnoli i contadini continuano a nutrirsi di mais e a bere "xoco-atl". Possono così camminare per ore sulle impervie strade montane e piegare la schiena per il duro lavoro del raccolto senza quasi avvertire la fatica. Fu così che scoprirono perché quella bevanda, quella pianta fossero considerate così preziose e, da quel momento, il cacao e la cioccolata fecero parte del loro bottino di conquista. Nel 1528 Cortez ritorna alla corte di Carlo V con un carico di fave di cacao oltre alle ricette ed agli utensili necessari per la preparazione della cioccolata. Le fave dopo aver superato lo stato della fermentazione e dell'essiccazione al sole, vengono torrefatte e macinate tra due pietre calde, fino ad ottenere una pasta aromatica, spesso modellata in barre o in pani. Alcuni frati spagnoli, grandi esperti di miscele ed infusi, sostituiscono il pepe e il peperoncino con lo zucchero, la vaniglia, la cannella, l'anice e creano una bevanda dolce e gustosa.
La nuova bevanda affascina tutti gli spagnoli che hanno la fortuna di assaggiarla, resta per molto tempo una loro esclusiva e, fortemente tassata, diventa un prodotto riservato alle classi privilegiate.
Nel 1615 Luigi XIII sposa Anna d'Austria, figlia di Filippo III di Spagna: è lei ad introdurre il cioccolato alla corte francese. In quel periodo la cioccolata fa la sua apparizione simultanea in numerosi paesi d'Europa: nelle Fiandre, in Olanda, in Inghilterra, in Italia, in Germania, in Austria, in Svizzera. Attorno al 1720 le cioccolaterie italiane di Firenze e Venezia raggiungono fama europea, mentre gli Stati Uniti si accorgono del cioccolato verso il 1755.
Ma quando si passa dal cioccolato liquido a quello solido? Nel 1766 Joseph Fry inventa la prima tavoletta di cioccolato ma è soltanto più tardi nel 1847 che la Fry produce le prime barrette di cioccolato, ideando una tecnica per combinare il burro di cacao con il liquore di cacao e lo zucchero. Nel 1825, un chimico olandese, Conrad Van Houten inventa la prima pressa per il cioccolato e mette a punto la tecnica per l'estrazione del burro di cacao: inventa così il cacao in polvere solubile. Nel 1828 Van Houten brevetta il primo cacao in polvere alcalinizzato.
Principali varietà dell'albero di cacao
Secondo la classificazione in uso in America Latina, i tipi di cacao prodotti sono tre: Criollo, Forastero e Trinitario.
- Criollo
Il cacao Criollo, che vuol dire "creolo", è originario del Messico. Le sue caratteristiche organolettiche sono eccellenti: è molto aromatico, poco amaro, di sapore delicato. È la migliore qualità del cacao, ma la produzione mondiale si attesta intorno al 3%. Proviene principalmente dal Venezuela, Messico, Guatemala, Madagascar, Nicaragua, Sri Lanka, Giava e l'arcipelago delle Comore.
- Forastero
Significa "straniero". È originario del bacino della bassa Amazzonia. È un cacao di qualità il gusto è molto pronunciato, acido e corrisponde all'80% della produzione mondiale di cacao. Coltivato soprattutto in Ghana, Nigeria, Costa d'Avorio, Nuova Guinea, Brasile e Malesia.
- Trinitario
È un ibrido tra Criollo e Forastero. Originario della Bassa Amazzonia, possiede delle caratteristiche intermedie tra i due gruppi.
A cura di Michele Di Carlo