GARGANO SEGRETO E ORCHIDEE FANTASMA

La primavera è la stagione perfetta per andare alla scoperta del Gargano segreto. Quello dell'entroterra. Quello dove le strade si assottigliano in sentieri, i lampioni si trasformano in alberi e l'asfalto in un tappeto erboso. Il rumore del traffico sparisce. E nell'aria cristallina, tra il verde della vegetazione e l'azzurro del cielo, se chiudi gli occhi, puoi sentire il palpito armonioso della natura.

In questo periodo dell'anno fioriscono le orchidee, e il Gargano ne vanta un ventaglio di specie importante: circa il 70% delle specie europee si trovano anche sul Gargano. Territorio su cui sono presenti anche specie endemiche, esclusive del promontorio. La Puglia in sé è una delle regioni con il maggior numero di orchidee spontanee. Di queste il 90% sono sul Gargano.

Le orchidee sono fiori che si distinguono in un ricca varietà di forme e colori che li rendono speciali per botanici ed appassionati. Il genere più diffuso sul promontorio è quello delle Ophrys, tra cui spicca la ricercatissima Lacaitae. Attualmente sul Gargano sono state censite oltre 80 specie appartenenti a 17 generi. Ma si tratta di numeri in aggiornamento costante.

Risale solo a dicembre 2016 la scoperta in loco di un'altra specie. La rarissima “Epipogium Aphyllum Sw”, comunemente denominata “Orchidea Fantasma” proprio per la sua straordinaria rarità. La scoperta è avvenuta nella faggeta di Monte Spigno ad opera di due botanici di San Giovanni Rotondo, Giovanni Russo e Luigi Palladino. La notizia è stata pubblicata sulla rivista Italian Botanist e sul sito del Parco Nazionale del Gargano.

Altro paradiso delle orchidee garganiche è Monte Sacro, 874 metri sul livello del mare, a nord di Mattinata. Tra una specie e l'altra di orchidee, battendo il sentiero si giunge ai resti dell'Abbazia della SS. Trinità, che diede al monte il nuovo appellativo di “Sacro”. Fino al IV secolo, infatti, era ancora conosciuto come Monte Dodoneo, ed era consacrato al culto pagano di Giove. In seguito alle apparizioni dell'Arcangelo Michele nella grotta di Monte Sant'Angelo (ben 3 dal 490 al 493 d.C.), il vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, fece distruggere il luogo di culto pagano e costruire l'abbazia, che poi divenne Monastero Benedettino dal VI al XIII secolo. I resti abbandonati riescono a parlarci ancora oggi di un passato glorioso. I tratti distintivi del romanico pugliese si possono ancora ammirare su archi e colonne che resistono al tempo e all'incuria.

Tra orchidee e ruderi storici oggi si muovono sempre più persone. L'interesse per il territorio sta crescendo insieme alla consapevolezza dei suoi stessi abitanti dei pregi naturalistici, storici ed artistici di cui è ricca. Questa presa di coscienza è il primo passo per far conoscere il Gargano sempre più e sempre meglio anche a turisti e visitatori vari. Una tendenza fortemente trainata dai giovani, che approfondiscono le conoscenze della propria terra, la esplorano e ne rilanciano le bellezze sui social.

Tra questi si stanno distinguendo Domenico Sergio Antonacci, animatore territoriale e blogger de “Il blog del Gargano, amara terra mia”, e il fotografo paesaggista Giuseppe Bruno, promotori del progetto Gargano Natour. Domenico e Giuseppe guidano gli interessati alla scoperta dei luoghi più affascinanti e misteriosi del Gargano, illustrandone gli aspetti caratterizzanti. Le passeggiate hanno un rito conclusivo: il taglio e la condivisione del caciocavallo podolico.

Delizia casearia del Gargano, il caciocavallo podolico è prodotto solo con latte di vacche podoliche. Questi bovini dal mantello di colore grigio, tipici dell'area meridionale, prendono il nome dalla Podolia, regione occidentale dell'Ucraina, dalla quale giunsero con le invasioni barbariche. Animali dalle spiccate capacità di adattamento si trovano a proprio agio nelle aree interne del Gargano, dove pascolano allo stato brado con grossi campanacci al collo che ne segnalano la presenza all'udito ancor prima che alla vista. In passato molto più che adesso, anche questi armenti erano soggetti alla transumanza, tipiche migrazioni stagionali del bestiame dai pascoli di pianura a quelli di montagna e viceversa.

Tali spostamenti non potevano interrompere la produzione di formaggi e obbligavano gli allevatori ad ottimizzare attrezzature e spazi di lavoro in trasferta. La sua tipica forma e il suo nome derivano proprio dalla necessità di realizzare il formaggio ovunque, senza dover fare necessariamente affidamento su piani d'appoggio sia per la lavorazione che per la stagionatura. Plasmate due forme, queste venivano legate con lo stesso laccio per le rispettive estremità superiori e sospesi “a cavallo” di un asse di legno ad asciugare e stagionare. Il cacio a cavallo, per l'appunto.

Attualmente, una delle aziende produttrici di caciocavallo podolico più conosciute del Gargano è Masseria Paglicci, di Giuseppe Bramante. “Presidio Slow Food” in agro di Rignano Garganico, qui si prepara questo formaggio dalle straordinarie qualità organolettiche nel rispetto della tradizione.

Assaporando quello lavorato con il latte munto tra marzo e maggio si percepiscono i sentori delle erbe aromatiche e dei fiori di campo brucati dalle podoliche al pascolo libero. La produzione primaverile è quindi quella più pregiata, perché ricca di proteine e relativamente più povera di grassi.

A cura di Toni Augello