Il gusto è il senso che permette a tutti gli animali di localizzare il cibo e di evitare l'ingestione di sostanze potenzialmente tossiche, influenzando il grado di accettazione di una sostanza. Le sostanze dolci, fonte di energia, danno una sensazione piacevole, mentre il gusto amaro, tipico della maggior parte dei veleni, provoca una sensazione sgradevole e il rifiuto della sostanza. Esistono in natura 5 gusti (dolce, salato, amaro, aspro e umami) che ognuno di noi percepisce in modo differente. Tale diversità è in gran parte dovuta alla diversa funzione dei geni coinvolti nella percezione del gusto. Parlando di amaro, il 30% degli italiani è “non taster” (insensibile all’amaro) mentre il 70% è “taster” (sensibile). I “taster” non apprezzano cibi amari come le crucifere (cavoli, broccoli, etc), birra (isoumuloni), pompelmi (naringina) e quelli contenenti chinino e caffeina. Sono inoltre più sensibili alla percezione del piccante (irritante) e del grasso per una maggiore presenza di terminazioni del nervo trigemino. I “non taster” tendono a comportarsi in maniera opposta. Di recente è stato identificato il gene TAS2R38 che evidenzia alcune differenze in grado di spiegare la diversità tra “taster” ed “ non taster”. La proteina prodotta dal gene TAS2R38 può contenere la sequenza AVI oppure quella PAV. I soggetti possono pertanto dividersi in PAV/PAV (taster), PAV/AVI (medium taster) ed AVI/AVI (non taster). Una diversa capacità nel percepire il gusto amaro è stata associata a differenze nelle preferenze e nelle scelte alimentari. La capacità di percepire l’amaro sembra anche avere notevoli implicazioni per lo stato di salute. Per esempio è stato dimostrato che i “non taster” hanno mediamente una massa corporea superiore dei “taster”, valutata come indice di massa corporea (BMI). Da diversi studi è emerso inoltre che i “non taster” hanno un comportamento alimentare che sembra aumentare il rischio di sviluppare carie dentale, cancro al colon e malattie cardiovascolari
A cura di Paolo Gasparini