NEL SILENZIO PARLAMI ANCORA

“Nel silenzio parlami ancora” di Antonella e Franco Caprio – Besa Editore – pag. 166
Cosa può salvarci dall’orrore di una guerra, dal tradimento di una madre, dalla umana solitudine, dalla miseria? Ci salva l’amore. Facile a dirsi, più difficile a credersi. Eppure in questo romanzo intimistico ed introspettivo, Rina, divenuta staffetta partigiana per amore adolescenziale - più che per convinzione politica -, prova a cercare sé stessa attraverso un percorso a ritroso che prende l’avvio dal carcere “Le Nuove” di Torino, nel quale era stata rinchiusa anni prima come prigioniera politica.

Rina, è un ragazzina innamorata dell’amore, che si perde nei “grandi occhi bui” del figlio del fabbro del borgo, Giacomo Dalmasso, il giorno in cui questi le offre un passaggio in bici per sfuggire ad un diluvio improvvisato. “Da quando era scoppiata la guerra non si incontravano più parecchie persone” eppure quella rara occasione segnerà per sempre la vita di Rina, che sarà ribattezzata Vittoria, diventerà abile staffetta tra le montagne piemontesi e, a causa della sua condizione - frutto di un istinto adolescenziale più che di un credo politico cresciuto e maturato con convinzione – non saprà resistere alle torture del regime che, dopo averla ridotta un cencio, la imprigionerà.

Quello che accadrà poi – la vita in carcere, la liberazione, la difficoltà di relazionarsi agli altri in un paese sventrato dalla guerra - va scoperto seguendo le pagine che tengono incollato il lettore fino alla fine, forse nel tentativo di individuare “l’altro” – misterioso io narrante, alternativo a quello di Rina.

Il percorso di riconciliazione che la protagonista farà con sé stessa muoverà dal difficile rapporto avuto con sua madre, una donna che - se non seppe darle affetto - “è perché non lo aveva mai ricevuto; e la freddezza che le rimproveravi non era altro che lo scudo inviolabile costruito per sopravvivere alla sventura” e correrà di pari passo con il percorso di rinascita di un’intera popolazione alle prese con ogni forma di ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale.

Una bella storia che invita a coltivare la consapevolezza delle scelte e l’importanza dell’emancipazione, garantita unicamente dal sapere, arma preziosa per poter fronteggiare gli imbrogli di qualunque natura.

Ho trovato interessanti:
Un personaggio minore: zia Matilde (pag. 24)
Una parola nuova: “mignatta” (pag. 64) significa “sanguisuga”
Una citazione: “Nessuno potrà ripagarci delle sofferenze patite. E il rancore corroderà solo noi stessi. E’ un torbido pensiero che s’insinua nell’uomo e lo tormenta all’infinito. E’ un tarlo che senza sosta scava la mente, svuotandola sempre più di sani pensieri, fino a quando non resta che il nulla. Il rancore è un’arma inefficace con un solo proiettile, destinato a noi stessi. E’ un vuoto che non si colma neppure con la vendetta”. (pag. 137)

A cura di Giusy Santomanco